La spiegazione piuttosto innovativa data da Erasmo d’Angelis, direttore dell’Unità, riguardo alla supposta partecipazione della candidata M5S a Roma Virginia Raggi a Meno male che Silvio c’è, indimenticato e indimenticabile spot di Forza Italia per la campagna elettorale del 2008, a me non ha fatto scattare quella cosa di “Ma come avete ridotto il giornale di Antonio Gramsci!” che, noto, è ormai riflesso automatico per molti.
Non l’ha fatto perché credo di essere abbastanza immune dal complesso del Pantheon, così diffuso a sinistra – e quindi non mi viene da mitizzare né l’Unità né tantomeno Gramsci, perché ho proprio un grosso problema coi santini e gli album di famiglia da sfogliare sospirando.
Mentre però un sacco di gente si dedicava con sforzi degni di miglior causa o a rivedere il video per capire se era davvero lei, oppure a redigere paginate sui social per deprecare la fine della sinistra, a me ha colpito un’altra cosa.
Mi ha colpito che quasi nessuno si sia posto quella che, secondo me, è la vera domanda.
E cioè: ma veramente l’eventuale partecipazione 8 anni fa di un avversario politico – come Raggi – a un’iniziativa di campagna elettorale per Berlusconi è utilizzabile come argomento?
Sul serio il punto è “ma è vero oppure no?”
Sul serio il punto è quello, e non invece che una cosa del genere possa essere ritenuta un appiglio credibile per mettere in difficoltà il proprio competitor?
Insomma, ancora à la guerre comme à la guerre – perché certe eredità concettuali che la diade berlusconismo/antiberlusconismo ci ha lasciato in dono facciamo veramente fatica a buttarle via, e invece quanto staremmo meglio senza.